venerdì 10 ottobre 2008

Dibattito scientifico sull' elettroshock


Terapia elettroconvulsivante (TEC) no.

Parliamo dell’ elettroshock un trattamento neuropsichiatrico che ha avuto una storia lunga e travagliata, segnata dalle esperienze drammatiche di pazienti sottoposti a trattamenti dolorosi, in stato di coscienza, senza anestesia e senza miorilassanti, gravata da complicanze gravi e invalidanti, in taluni casi usata nei vecchi manicomi a scopo punitivo.

La moderna psichiatria si è battuta con successo per l’abolizione dell’elettroshock diventato un trattamento solo eccezionalmente utilizzato per la cura di alcune gravi malattie psichiatriche.

Recentemente, molti autorevoli psichiatri, anche italiani, hanno chiesto però una riapertura verso la TEC, motivando tale decisione con la dimostrata efficacia in specifiche patologie di tale terapia che l’ innovazione tecnologica ha reso completamente indolore e con una bassa incidenza di rischi e complicanze.
Il dibattito nella comunità scientifica è vivace tra sostenitori e oppositori. Per quanto mi riguarda, pur se medico, non prendo posizione: non sono né neurologo né psichiatra e sono privo degli strumenti scientifici e culturali indispensabili per un giudizio qualificato, seguo però con interesse e speranza l’evoluzione di questa vexata quaestio.

Mi auspico solo scelte basate, non su pregiudizi ideologici, ma esclusivamente sul concetto di quella che gli anglosassoni hanno definito Evidence based medicine (medicina basata sull'evidenza) che indica i trattamenti, non sulla base dell'empirismo e delle convinzioni personali, ma facendo riferimento ai più importanti e significativi risultati della letteratura scientifica internazionale.

Per quanto superfluo, ricordiamo che la medicina non è un’ideologia o una corrente filosofica ma una disciplina eminentemente pragmatica la cui unica finalità è il miglior trattamento possibile, tra quelli esistenti, per il paziente che ha il diritto di scegliere se accettarlo o meno.

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