giovedì 30 giugno 2011

Scarti di Umanità

Estratto da "Scarti di Umanità. Riflessioni su razzismo e antisemitismo" (a cura di Francesco Migliorino). Genova, Il Melangolo, 2010, pp. 228, € 18,00, ISBN 9788870187724.





Francesco Rotondi



Il negazionismo: strategie retoriche ed evidenze scientifiche

(...)
Metodologia scientifica
Parte della più recente produzione negazionista ha mutuato dalla letteratura scientifica l’aspetto formale, proponendo ai lettori articoli presentati con le modalità tipiche della pubblicazioni scientifiche, suddivisi nelle sezioni standard consigliate dalle abituali norme editoriali delle riviste specializzate.
Il risultato è l’esibizione di un prodotto dai contenuti contorti e difficilmente verificabili ma, nel
contempo, graficamente, esteticamente ed emotivamente suadente, di grande impatto mediatico perché simulante i comuni lavori pubblicati sulle riviste scientifiche (...)
Mal al di là della veste editoriale questi lavori sono da definirsi realmente “scientifici”?
In generale, la risposta non è agevole, così come non è facile la stessa definizione di scientificità. Ciò che è certo è che non ci si auto-attribuisce la patente di scientificità né tantomeno la
si ottiene dai propri sostenitori, al contrario l’auto-referenzialità rappresenta di per sé un sintomo di “ascientificità”.
Esistono invece criteri tradizionali, per quanto opinabili, che consentono in linea di massima di stabilire la qualità di un lavoro scientifico. Criteri che, pur se considerati alla luce dai cambiamenti delle tecniche comunicative e dal parziale tramonto della carta stampata
a vantaggio dell’informatizzazione del sapere, sono tuttora accettati, benché discussi, dalla comunità scientifica internazionale. Criteri qualitativi e quantitativi ideati allo scopo di privilegiare la pubblicazione, la lettura e il miglioramento di prodotti di adeguata
qualità, riducendo un’inutile dispersione di attenzione intellettuale verso quelli di basso valore scientifico.
Nessuno dei lavori negazionisti rispetta tali criteri. Ciò non significa che siano aprioristicamente e necessariamente privi di interesse scientifico. Indica, però, che la loro qualità scientifica non è
dimostrabile sulla base dei correnti parametri valutativi .
Si accettino o meno tali criteri quantitativi e qualitativi, il giudizio di scientificità è basato ancor oggi prevalentemente sulla peer review e sull’ impact factor, con i loro limiti e vantaggi, la cui trattazione sarebbe inopportuna e abnormemente lunga in questa sede.
La peer review (revisione paritaria) è la valutazione critica di un lavoro scientifico proposto ad una rivista, attraverso il giudizio di un editor, esperto di indiscussa fama, il quale, a sua volta, si avvale solitamente della consulenza di uno o più revisori, specialisti scelti generalmente tra i membri del comitato editoriale sulla base di specifiche competenze. L’editor potrà scegliere se accettare o rifiutare la pubblicazione del lavoro o consigliare correzioni, riservandosi la
decisione dopo l’ulteriore riconsiderazione di queste ultime. La percentuale di accettazione varia in base all’importanza della rivista e all’area disciplinare e per riviste scientifiche famose come Nature e Science è in media soltanto di circa il 5%.
Accanto a questo parametro qualitativo, la valutazione della ricerca scientifica si avvale di indici quantitativi o bibliometrici, dei quali il più noto è certamente l’ impact factor, fattore elaborato annualmente dall’Institute for Scientific Information, che misura la frequenza con cui vengono citati in altri giornali gli articoli di una determinata rivista. Tanto più alto è l’impact factor tanto più la rivista è nota e, si presuppone, prestigiosa (...)