martedì 9 ottobre 2007

NOBEL PER LA MEDICINA ALL' ITALO-AMERICANO CAPECCHI.LASCIO' L'ITALIA A 9 ANNI CON LA MADRE ANTIFASCISTA SOPRAVVISSUTA A DACHAU


Assegnato all'italo-americano Mario R. Capecchi il Premio Nobel per la Medicina 2007.
Insieme a Capecchi premiati Evans e Smithies.
Il prestigioso riconoscimento è stato dato per gli studi condotti "per introdurre specifiche modificazioni genetiche nei topi, utilizzando cellule staminali embrionali".

Il professor Capecchi lavora all'University of Utah ed è stato allievo del premio Nobel James Watson che con Francis Crick scoprì la struttura del DNA.

Il frutto principale del lavoro di Capechi è il "gene targeting" ossia la sostituzione mirata di un pezzo di DNA con un altro.
La prospettiva futura: la possibilità di sostituire geni difettosi per curare malattie attualmente incurabili.

Nato in Italia, a Verona, il 6 ottobre del 1937, da madre americana e da padre italiano, ha trascorso in Italia i primi anni dell'infanzia.
Il padre aviatore del nostro esercito fu abbattutto all'inizio della guerra;
Così Capecchi parla della madre, Lucy Ramberg, poetessa perseguitata dal nazi-fascismo e deportata nel lager di Dachau:

"Prima dell’inizio della guerra aveva scritto contro il fascismo e a guerra iniziata aveva continuato, anche contro il nazismo.

Sua mamma era una pittrice americana che viveva a Firenze e
il padre era tedesco.

Mia mamma odiava l’oppressione, la dittatura, la mancanza
di libertà e i suoi versi lo dicevano con grande chiarezza.

La Gestapo le dava la caccia e la trovò in un maso dell’altopiano della Renon nel 1941. Venne deportata a Dachau, che allora era un campo di concentramento solo per detenuti politici; i nazisti e i fascisti volevano fermare lei e le sue poesie. Fu
catturata poco a Nord di Verona, in Alto Adige, quando non avevo che quattro
anni e mezzo.

Mi trovai da solo, per strada. Cercavo il cibo, avevo fame. Dall’età di 4 anni e mezzo fino a 9 anni ho vissuto per le strade di Bolzano, Verona, Reggio Emilia. Il mio unico pensiero era mangiare, evitare i pericoli e sopravvivere. Ero affamato. Ho vissuto giorno per giorno. Non sapevo se avrei mai più rivisto mia madre. Fu lei a trovarmi in un ospedale di Reggio Emilia il 6 ottobre 1946, il giorno dei mio nono compleanno. Fu come un miracolo, quel giorno tornai a vivere.

L’Italia era distrutta, restammo a Verona per un altro anno e mezzo, ma poi la decisione fu di andare in America"

2 commenti:

  1. Carissimo Franco,
    ti 'giro' una e-mail che mi è arrivata---

    Cara Giovanna,
    gli Stati Uniti sono formati da 50 stati. Messi insieme sono più grandi dell'Europa.

    Per questo motivo c'erano maggiori possibilità di dare lavoro a tanti emigrati.
    C'era spazio, c'erano materie prime, c'erano iniziative di ogni genere.

    Quello che il dr. Capecchi non ha capito è che se lui era povero ciò è dovuto al fatto che l'Italia era piccola e povera di materie prime. E quando Mussolini l'ha voluta far diventare grande come un impero, sono stati proprio gli americani che lo hanno distrutto.

    Quindi Capecchi e quelli come lui hanno trovato spazio proprio in quel paese che lo ha conquistato con la guerra a nostro danno.

    Se la guerra l'avessimo vinta noi i signori Capecchi di altri paesi del mondo sarebbero venuti in Italia o in Germania a studiare ed a ricercare.

    Sarà pure un ricercatore ma nella sua specializzazione ha perso di vista la questione generale.
    (ho cancellato la firma)

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  2. Per Giovanna Canzano

    >Quello che il dr. Capecchi non ha capito è che se lui era povero ciò è dovuto al fatto che l'Italia era piccola e povera di materie prime

    R. Capecchi non era povero, era figlio di un aviatore morto in guerra e di una scrittrice americana. Le materie prime non c'entrano niente: la fame arrivò quando i nazisti deportarono la madre a Dachau, lasciando nell'abbandono un bambino di 4 anni.


    >E quando Mussolini l'ha voluta far diventare grande come un impero, sono stati proprio gli americani che lo hanno distrutto.

    R. Non sono stati gli americani a iniziare la guerra ma i tedeschi nel 1939. Gli americani per entrare in guerra hanno aspetatto 2 anni.

    L'Italia (c'è ancora qualcuno così pateticamente retorico che parla di Impero!) l'ha distrutta Mussolini quando ha deciso di entrare in guerra con un esercito da 4 soldi.
    Quando Badoglio gli disse che "l'esercito italiano non (aveva) neppure le camicie" il Duce gli rispose che aveva "bisogno di qualche migliaio di morti per seder(s)i al tavolo di pace".
    La guerra invece la perse (e pure la faccia) e di morti ne fece molti molti di più, mandando i nostri nonni in Russia con le scarpe di cartone.

    I Nobel lasciarono l'Italia e la Germania già prima della fine della guerra e della sconfitta, per altri motivi.

    Fermi lasciò l'Italia dopo le leggi razziali del 38, perchè sposato con un'ebrea.
    Per lo stesso motivo lasciò l'Italia l'altro Nobel Emilio Segrè.
    Einstein se ne andò dalla Germania quando nel 1933 i Nazisti promulgarono "La Legge della Restaurazione del servizio Civile" in base alla quale i professori universitari ebrei dovevano essere licenziati.
    E l'elenco sarebbe molto lungo.

    Non solo uomini di scienza abbandonarono Italia e Germania anche letterati ed artisti di fama internazionale, una questione di libertà non di "materie prime".

    Che la fuga di cervelli continui ancora è un dato di fatto. Ma non è una questione solo di fondi. Esiste indiscutibilmente negli USA (e on solo) una merititocrazia a noi ignota: in un post di gennaio scrivevo
    "per l’ennesima volta assistiamo ai successi scientifici di cervelli italiani emigrati all’estero per poter lavorare. Passano gli anni ma le ataviche anomalie del nostro sistema universitario - mortificato da un nepotismo secolare, da un carrierismo sfrenato e da un ingerenza della politica sempre più invadente– si inquadrano ancor’oggi nel quadro di una sindrome cronico-degenerativa della quale si è certi solo della prognosi infausta".

    Ma forse i problemi della nostra Medicina inziano in parte proprio col fascismo.
    Il decreto Gentile, lo asseriva San Giuseppe Moscati, fu tra le cause del decadimento della Medicina italiana, sottraendo l'insegnamento a ospedalieri di grande prestigio e delegandolo a "un'oligarchia clinica ufficiale, a cui dovrebbe inchinarsi tutto il pensiero medico di una serie di generazioni(...) ordinando che i professori ufficiali di clinica invadano gli ospedali".
    Ancora Moscati si lamnentava "Ora il decreto governativo (...) ordinando che i professori ufficiali di clinica invadano gli ospedali(...) spegne la scuola fiorente, libera (quella che rese possibile la formazione clinica di Domenico Cotugno, del Claretti, di Antonio Cardarelli e altri più antichi e più recenti), e monopolizza nei soli professori ufficiali la palestra clinica. È lo stesso che chiudere tutte le biblioteche agli studiosi, tranne che ai possessori del crisma dell'ufficialità".
    E mentre illustri studiosi erano costretti ad abbandonare ospedali e cattedre universitarie mediocri studiosi di regime (come accade del resto anche oggi) acquisivano cattedre e incarichi facendo politica o scrivendo corbellerie su razze e stirpi.


    > Sarà pure un ricercatore ma nella sua specializzazione ha perso di vista la questione generale.

    R. Quale sarebbe questa questione generale

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